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Vinificazione in rosso

Cosa distingue la vinificazione in bianco da quella in rosso?

La principale differenza tra la vinificazione in rosso e quella in bianco consiste nella macerazione. Ossia il contatto del mosto con le vinacce (bucce e vinaccioli) durante la fase di fermentazione.

Per la vinificazione in bianco le parti solide dei grappoli vengono eliminate subito dopo la vendemmia, attraverso la pressatura soffice per evitare che le bucce rilascino pigmenti e donino una colorazione indesiderata. Per la vinificazione in rosso la macerazione è fondamentale per lo sviluppo di colore, struttura e longevità. Le sostanze presenti nelle uve, infatti, grazie al potere solvente dell’alcol, si dissolvono nel mosto, influenzando in maniera decisiva il carattere del vino.

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I vigneti delle Tenute Venturini-Foschi

Bastano circa trenta minuti di auto da Parma in direzione ovest per ritrovarsi immersi in mezzo ai vigneti di una realtà giovanissima ma allo stesso tempo impregnata di storia: le Tenute Venturini-Foschi. L’azienda nata appena sei anni fa, nel 2016, dalla volontà di Pier Luigi Foschi e di Emanuela Venturini, ha donato nuovamente lustro viticolo ad alcuni terreni che si estendono tra le colline di Noceto e Medesano. Terreni ricchi di storia – basti pensare alla vicinanza della Via Francigena – di tradizione contadina, dove il tempo rallenta e dove a dettare i ritmi è la natura.

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Come scegliere un vitigno?

Vi do cinque minuti per pensare a quali vitigni scegliereste di coltivare su un terreno ereditato nelle colline parmensi, per produrre vino di qualità. Pronti? Se avete risposto Chardonnay o Malvasia, potreste già essere sulla buona strada ma solo nel caso in cui abbiate specificato quale tipo di vitigno Malvasia.

Se invece, colti da facili entusiasmi, avete risposto nebbiolo o vitovska temo dovrò assumermi l’ingrato compito di infrangere i vostri sogni. Ebbene sì, perché la terra emiliana è fertile e generosa ma non tutti i vitigni sono fatti per lei.

Scovare i cloni di vite più adatti per un territorio è un lavoro complesso che deve tenere conto di numerosi fattori. Implica una conoscenza approfondita del territorio, dell’ambiente pedo-climatico e della composizione del terreno.

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Le anfore da vino

“Torniamo all’antico, sarà un progresso” scrisse nel 1871 Giuseppe Verdi uno dei più celebri personaggi che hanno visto i natali nelle terre parmensi. Chissà se alle Tenute-Venturini Foschi, nate proprio in quelle stesse terre (solo un poco più a sud), a qualcuno non sia venuta in mente questa frase quando si è deciso di utilizzare le anfore da vino in terracotta per la vinificazione del loro Gemma Gentile.

Già, perché l’uso delle anfore da vino in terracotta per la fermentazione e l’affinamento è antichissimo e sorprende che negli ultimi anni, dopo che sono state sviluppate macchine e tecnologie innovative per la vinificazione, molte aziende viticole siano tornate a un contenitore naturale così semplice ed essenziale.

Ma buttando un occhio alla storia e soprattutto alla tradizione della Georgia – dove la vinificazione nelle anfore, chiamate qvevri e diventate patrimonio dell’UNESCO nel 2013, è nata 8000 anni fa e non è mai passata di moda – molti produttori devono avere compreso che un ritorno alle origini, rielaborato in chiave moderna, poteva rappresentare un passo verso il futuro.

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