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Autore: Maria Elena Bersiga

Vinificazione in bianco

La vendemmia e vinificazione

È l’alba di una radiosa giornata di fine settembre. I tiepidi raggi del sole cominciano a solleticare la mia pelle opalescente, giallo dorata. Tra le foglie lucide e verdi, vedo i miei fratelli che un’estate ridente e una terra generosa ha reso pasciuti e luminosi.

Siamo tutti pieni di energia o, per meglio dire, di zuccheri e il nostro profumo si sparge per tutta la collina. Sorrido al nuovo giorno e mi preparo ad accogliere il calore che sale da est ma ecco che dal pendio sale una colonna di umani. In mano portano piccole cassette colorate e forbici affilate. Tra di noi si levano mormorii preoccupati: già tempo fa quelle stesse forbici hanno portato via intere famiglie, grossi grappoli sottratti alla pianta senza che noi ne capissimo il perché.

Diradamento lo chiamavano loro. Cerchiamo di nasconderci sotto l’ombra magnanima delle foglie ma già le forbici si abbattono sui raspi. Veniamo staccati dalla vite e adagiati nelle cassette. La tensione è palpabile anche se piano piano la nostra paura arretra perché le mani che ci sorreggono sono delicate e nelle cassette si sta comodi, non siamo troppo schiacciati. Comincio a rilassarmi e la sonnolenza mi vince. Adesso si va in cantina, sento dire qualcuno mentre mi assopisco.

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Vinificazione in rosso

Cosa distingue la vinificazione in bianco da quella in rosso?

La principale differenza tra la vinificazione in rosso e quella in bianco consiste nella macerazione. Ossia il contatto del mosto con le vinacce (bucce e vinaccioli) durante la fase di fermentazione.

Per la vinificazione in bianco le parti solide dei grappoli vengono eliminate subito dopo la vendemmia, attraverso la pressatura soffice per evitare che le bucce rilascino pigmenti e donino una colorazione indesiderata. Per la vinificazione in rosso la macerazione è fondamentale per lo sviluppo di colore, struttura e longevità. Le sostanze presenti nelle uve, infatti, grazie al potere solvente dell’alcol, si dissolvono nel mosto, influenzando in maniera decisiva il carattere del vino.

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I vigneti delle Tenute Venturini-Foschi

Bastano circa trenta minuti di auto da Parma in direzione ovest per ritrovarsi immersi in mezzo ai vigneti di una realtà giovanissima ma allo stesso tempo impregnata di storia: le Tenute Venturini-Foschi. L’azienda nata appena sei anni fa, nel 2016, dalla volontà di Pier Luigi Foschi e di Emanuela Venturini, ha donato nuovamente lustro viticolo ad alcuni terreni che si estendono tra le colline di Noceto e Medesano. Terreni ricchi di storia – basti pensare alla vicinanza della Via Francigena – di tradizione contadina, dove il tempo rallenta e dove a dettare i ritmi è la natura.

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Come scegliere un vitigno?

Vi do cinque minuti per pensare a quali vitigni scegliereste di coltivare su un terreno ereditato nelle colline parmensi, per produrre vino di qualità. Pronti? Se avete risposto Chardonnay o Malvasia, potreste già essere sulla buona strada ma solo nel caso in cui abbiate specificato quale tipo di vitigno Malvasia.

Se invece, colti da facili entusiasmi, avete risposto nebbiolo o vitovska temo dovrò assumermi l’ingrato compito di infrangere i vostri sogni. Ebbene sì, perché la terra emiliana è fertile e generosa ma non tutti i vitigni sono fatti per lei.

Scovare i cloni di vite più adatti per un territorio è un lavoro complesso che deve tenere conto di numerosi fattori. Implica una conoscenza approfondita del territorio, dell’ambiente pedo-climatico e della composizione del terreno.

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